L’eleganza è Darjeeling

close up dead plant against white background

Storia e segreti dello champagne dei tè

Il tè Darjeeling è un prodotto straordinario, il fiore all’occhiello che ha reso famosa l’omonima regione indiana in cui cresce e viene lavorato. Siamo nello stato del Bengala Occidentale, nello specifico nella zona più a nord: si narra che il nome Darjeeling, dal tibetano “dorje (fulmini) ling (luogo)”, fu dato anticamente dai suoi abitanti in onore della divinità hindu Indra, il cui scettro è rappresentato proprio da un fulmine.

Si tratta di una terra verde e rigogliosa, solcata da fiumi e ricca di profonde valli e cime altissime, incastonata alle pendici della catena montuosa Himalaya: i suoi giardini si trovano a diverse altitudini, dai pendii più dolci a circa 600 metri sino alle cime più impervie a oltre 2000 metri. Un terroir incredibile da cui nasce un tè amato in tutto il mondo e dalle fragranze inconfondibili, che gli sono valse il nome di “champagne dei tè“.

Un po’ di storia

Più volte contesa nei secoli, la regione finì sotto il dominio britannico nel 1835: vista l’aria salubre di montagna che la contraddistingueva, inizialmente gli inglesi sfruttarono l’area per realizzarvi un sanitarium e delle residenze estive, così da offrire un rifugio agli ufficiali e alle loro famiglie visto il caldo insopportabile che flagellava le pianure. Il punto di svolta, però, fu la scoperta di quanto il Darjeeling fosse prezioso per la coltivazione del tè: l’altitudine e il suo clima fresco e nebbioso ne facevano un terroir perfetto per la varietà di camelia sinensis sinensis, sino a quel momento di appannaggio cinese.

La varietà assamica locale, scoperta nel 1825, aveva già dato luogo alla coltivazione del tè in India a scopo commerciale: tuttavia, la varietà a foglia piccola coltivata in Cina era molto amata dai consumatori europei per la raffinatezza, la florealità e la delicatezza delle sue fragranze. Grazie al celebre botanico-spia scozzese Robert Fortune, assoldato nel 1842 dalla Compagnia delle Indie per rubare tè e conoscenze al popolo cinese, arrivarono così nel Darjeeling i primi semi e le prime piantine di varietà sinensis sinensis e furono stabiliti i primi estates (giardini) della regione.

East India Company docks

Dai pochi giardini si arrivò nel 1947 ad averne oltre un centinaio, con una produzione di ben 14 milioni di chili di tè nero all’anno. Ad oggi, la produzione supera i 18 milioni di chili di tè annuali, con 88 giardini ufficialmente riconosciuti. Viste le molte contraffazioni, inoltre, nel 2005 la Tea Board of India ha ottenuto una certificazione importante per il Darjeeling, che è divenuto un indicatore geografico riconosciuto dalla WTO: è stato infatti stabilito che solo il tè coltivato nel Darjeeling può essere effettivamente definito tale.

Profumi e sapori dei tè Darjeeling

Di tè coltivati e lavorati in questa regione ce ne sono molti: gli estates, come dicevamo, sono quasi un centinaio! Tuttavia, il prodotto finale non varia solo a seconda del giardino, con le ovvie differenze di terroir e lavorazione, ma anche in base al periodo. Già, perché i sapori e gli aromi dei Darjeeling sono differenti a seconda del momento in cui le foglie di tè sono state colte.

Possiamo distinguere 4 flush principali dove per “flush” si intende la nuova gettata di gemme e tenere foglie dopo un periodo di riposo della pianta – lo stesso termine indica di conseguenza anche la raccolta:

Va detto che il tè Darjeeling per eccellenza è di norma considerato un tè nero, la categoria dei tè completamente ossidati. In particolare per i first flush, però, vanno fatte alcune precisazioni. In questo caso, il processo di appassimento che avviene dopo la raccolta è molto intenso e porta a una forte riduzione della percentuale di acqua contenuta nella foglia: siamo intorno al 60-65% contro il 30-35% dei tè neri classici. Dal momento che l’ossidazione è ostacolata dalla scarsità di acqua, le foglie di Darjeeling non ossidano mai al 100%, tanto che nel secco è possibile notare un mélange di verdi e varie tonalità di marrone. Sarebbe dunque più corretto classificare il Darjeeling first flush, più che come un tè nero, come un tè “hard-withered”, ossia “fortemente appassito”.

Negli ultimi anni, si sono poi affiancati ai tè neri ortodossi nuovi prodotti: abbiamo così anche tè bianchi, oolong e verdi nei quali i palati più allenati potranno riconoscere l’inconfondibile nota di muscatel, ossia di uva moscata, tipica dei tè Darjeeling.

SFTGFOP…? Districarsi tra le lettere

Come orientarsi nel mare di letterine che accompagnano il nome del nostro Darjeeling? Vi sarà capitato infatti di leggere sul pacchetto sigle come TGFOP oppure SFTGFOP1. Questo tipo di nomenclatura fu ideata dagli inglesi e si applica in realtà anche agli altri tè prodotti in ex-colonie dell’impero britannico – quindi non solo i tè indiani come Assam, Darjeeling e Nilgiri, ma anche i tè di Ceylon e i tè africani (non vedrete mai queste letterine accompagnare il nome di un tè cinese o giapponese). Ma cosa significano tutte queste sigle? Proviamo a capirci qualcosa in più.

Si tratta di una classificazione (grading) che vuole determinare la qualità delle foglie secche e non si riferisce dunque alle caratteristiche organolettiche del liquore. Considerando soprattutto le due macro-categorie whole leaf, cioè foglia intera, e broken, cioè foglia spezzata, con queste sigle si individuano quali foglie sono state raccolte e si misura la quantità di gemme che quel tè avrà in proporzione alle foglie. Di seguito potete destreggiarvi con la classificazione dei tè a foglia intera.

Curiosità: da dove vengono i termini che compongono la parola Orange Pekoe? “Pekoe” sta a indicare sia la peluria argentata che ricopre e protegge le gemme, dal cantonese pai-hao, sia – per quanto riguarda la classificazione – un qualsiasi tè nero di medio livello. L’origine del termine Orange è invece dibattuta: principalmente lo si ricollega alla casata nobiliare Orange-Nassau, famiglia olandese di spicco che ebbe il suo momento migliore con l’ascesa della Dutch East India Company e il commercio del tè in Europa. Altri lo riconducono invece al colore arancione del liquore quando le foglie vengono infuse, tingendo l’acqua di un colore ambrato.

Non fatevi comunque intimorire dalle classificazioni ufficiali. Come principio generale: più lettere vedete, più il grade di quelle foglie è elevato. E per il resto, fatevi guidare dal vostro istinto e dalla vostra curiosità nell’assaggiare e provare nuovi tè …con o senza letterine!

Volete assaporare la raffinatezza e farti avvolgere dai profumi di un Darjeeling first flush? Provate i nostri tè! Abbiamo selezionato le foglie pregiate dei migliori giardini nella valle del Kurseong:
– il raffinato Avongrove First Flush SFTGFOP1, dal gusto delicato con una persistenza fresca che richiama la scorza di mandarino
– l’intenso Okayti First Flush FTGFOP1, fragrante e pungente, con note agrumate di limone e citronella e sentori floreali di rosa selvatica
– il morbido Giddapahar Delight Early FTGFOP1, con sentori di cedro e vaniglia e un corpo estremamente vellutato.

I tè Darjeeling, con la loro meravigliosa complessità, sono quasi tè da meditazione: meritano un assaggio attento e sapranno ricompensarvi con un’esperienza di gusto davvero speciale.

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